Dati recenti riportano come nel 2021 causa probabilmente anche la situazione covid in Italia il 22% dei pazienti con diabete ha saltato i consueti controlli e molti altri in condizione di predisposizione alla malattia si sono ben guardati da consultare il proprio medico o sottoporsi a esami di controllo.
Il paradosso del diabete è che si tratta di una delle più micidiali e invasive patologie che può colpire un essere umano, ma non essendo particolarmente sulla cresta dell’onda a livello mediatico e avvertibile a livello soggettivo viene sistematicamente presa in bassa considerazione e importanza dalla maggior parte delle persone.
Questo fino a quando la malattia purtroppo fa il suo ingresso nella vita delle persone con conseguenze a volte molto gravi e in percentuali impressionanti tanto che i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) statunitensi hanno calcolato che circa 96 milioni di americani sono in condizione di prediabete e continuando con le abitudini sbagliate è certo si troveranno coinvolti pienamente nella patologia.
Una massa così elevata di persone è veramente impressionante e si può tranquillamente ipotizzare per analogia che vi siano analoghe percentuali in tutti i paesi ricchi del mondo occidentale.
Soprattutto per questi individui che ancora possono salvarsi con le dovute correzioni dalle conseguenze nefaste del diabete vale una delle direttive alimentari più incisive che da sempre contraddistingue la terapia preventiva del diabete nei soggetti a rischio, la riduzione importante dei carboidrati nella dieta.
Assolutamente non un eliminazione, quanto un cambio radicale nelle proporzioni e soprattutto nella qualità con la scelta di prodotti con il più alto livello di fibre e elementi integrali.
Una strategia questa che è decisamente efficace tanto da consentire di evitare l’assunzione di farmaci nei soggetti a rischio di diabete a patto di mantenere costante la misura alimentare.
Ribadisce questo assunto ormai storico una nuova ricerca portata avanti dalla Tulane University (New Orleans, Stati Uniti) e pubblicata su JAMA Network Open evidenziando come tutto ruota intorno ai livelli di glicemia più o meno alti di ogni individuo.
Lo studio, infatti, si è concentrato su partecipanti selezionati in base alla presenza di livelli glicemici da prediabete e pazienti già con diabete, ma per vari motivi non sottoposti ad alcuna terapia farmacologica specifica somministrando a gruppi differenti diete con contenuti di carboidrati diversificati.
Alla fine si è visto che la discriminante era proprio la percentuale di carboidrati presenti nella dieta con risposte migliori in chi ne consumava meno.
Continuiamo pure a consumare la pasta, giusto per citare un cibo per noi Italiani iconico e di difficile separazione, ma facciamolo diminuendo le dosi e arricchendo magari con abbondanti dosi di ortaggi e verdure prediligendo come condimento i grassi nobili e protettivi dell’olio extravergine d’oliva e quelli della frutta secca in guscio, a cominciare dalle fantastiche e miracolose noci.
Dovremo abituarci al concetto di amido resistente perché negli ultimi anni questa particolare frazione del comune amido è sempre più oggetto di studi e approfondimenti grazie ad alcune sue caratteristiche tutte in positivo rispetto al prodotto di origine.
Si studia e se ne parla grazie a dinamiche funzionali e metaboliche che fanno avvicinare di molto questa frazione di amido al ruolo delle fibra se pur per vie diverse, l'effetto però è similare è succede che i cibi che ne sono ricchi hanno un profilo nutrizionale nettamente migliore.
Con un influenza diretta sulla risposta glicemica da parte dell'organismo rispetto a quello che riceve come pasto e una più lunga fase digestiva positiva che non ha alcuna relazione con la pesantezza digestiva di preparazioni cucinate male o ricche di grassi.
Cerchiamo di capire meglio le caratteristiche di questa interessante sostanza.
L'amido resistente è una sorta di trasformazione del comune amido che grazie al forte contributo del banale raffreddamento dei chicchi di cereali porta con se caratteristiche di grande resistenza rispetto al lavoro di demolizione degli enzimi digestivi umani.
Ciò comporta un rallentamento della sua assimilazione, una percentuale di assorbimento minore, un abbattimento dell'impatto energetico e un effetto di stimolazione paragonabile in qualche modo alla preziosa fibra che spesso sentiamo consigliare di consumare in abbondanza dai nutrizionisti più esperti.
E come questa l'amido così trasformato arriva intatto al colon dove la microflora procede alla sua fermentazione dando origine a acidi grassi a corta catena responsabili diretti della buona salute dell'epitelio del colon che a sua volta svolge un ruolo di protezione rispetto alle più comuni patologie degenerative dell'intestino.
Un altro effetto estremamente importante è la rimodulazione in positivo della risposta glicemica dopo il pasto, in pratica il carico glicemico viene ridimensionato malgrado l'indice glicemico di partenza teorico di un alimento raffinato come il riso bianco sia alto.
Nei cereali in chicchi lessati, con tutti i diversi sistemi possibili, la percentuale di amido resistente arriva a raddoppiare se l'alimento viene consumato dopo completo raffreddamento.
Ovvero basta una banalissima azione assai frequente in una cucina per migliorare il profilo nutrizionale dei cereali in generale a prescindere dal grado di raffinatezza.
Questo non significa che possiamo consumare cereali raffinati in allegria, piuttosto ci indica una strada per consumarli in maniera più consona quando non si hanno altre alternative (e può bastare anche una controindicazione nel consumo di fibre come avviene in alcune patologie legate alla salute intestinale).
Lo studio interessante che ha approfondito l'analisi sull'amido resistente è stato pubblicato sul Asia Pacifica Journal of Clinical Nutrition e conferma altre osservazioni precedenti.
Ora quello che possiamo fare con molta intelligenza, in vista dell'estate ma non solo, è sfruttare questa bella caratteristica dei cereali raffreddati e sommarla alle prerogative nutrizionali dei legumi che sono ancora più ricchi di amido resistente.
Con una ricetta di insalata di cereali in cui il riso classico e affiancato da legumi e arricchito da verdure stagionali sane invece dei soliti salumi, formaggi, sottaceti, conserve di pesce e sottolio vari.
Come quella buonissima che trovate qui!
Fonte: Corriere della Sera – Nutrizionista Carla Favaro
Tra i componenti più importanti presenti in frutta e verdura e in generale negli alimenti di origine vegetale bisogna annoverare i Flavonoidi sostanze importanti e fondamentali per la buona salute sui cui si concentrano sempre più studi e ricerche.
L'università di Harvard (USA) e della East Anglia (Regno Unito) hanno congiuntamente portato avanti un approfondito studio che ha coinvolto 124 mila adulti nell'arco di 24 anni.
L'obbiettivo era quello di verificare se un abbondante assunzione di flavonoidi attraverso la dieta fosse in qualche modo collegata al peso corporeo influenzando in positivo o negativo la sua gestione.
A questo proposito sono stati controllati ogni quattro anni un insieme di parametri che andavano dalla dieta seguita, alla presenza o meno di abitudini negative come il fumo, allo svolgimento di un attività fisica e alla sua intensità e frequenza.
Al di la degli altri fattori, comunque importanti, è emerso che un abbondante consumo di falvonoidi con particolare riferimento alle antocianine, ai polimeri dei flavonoidi (abbondanti in te e mele) e ai flavonoli (abbondanti in te, cipolle e mele) era collegato direttamente a un minor aumento di peso e al mantenimento del rapporto massa, altezza e costituzione.
Rispettando così le moderne raccomandazioni dietetiche e di stili alimentari declinate alla prevenzione efficace dell'obesità e delle sue potenziali conseguenze che ricordiamo sono di notevole impatto e solo in apparenza non riguardano o coinvolgono le persone che non ne soffrono.
Precisiamo meglio anche che i flavonoidi non sono solo presenti negli alimenti citati, gli spinaci ad esempio ne contengono ottime percentuali soprattutto se consumati a crudo nella versione delle foglioline più tenere e croccanti mantenendo così inalterate tutte le loro potenzialità.
E non è un caso che questi alimenti rientrino in quella importante categoria di cibi a basso indice glicemico e migliore tolleranza metabolica.
Una somma perfetta, gustosa e salutare di più tipi di flavonoidi l'abbiamo ad esempio in questa ottima ricetta dove due tipi di mele, gli spinaci teneri a crudo, il limone, le bacche di goji e le nocciole esprimono tutta la loro forza e concentrazione di salute e bontà organolettica!!!
Fonte: Corriere della Sera – Nutrizionista Carla Favaro
Gli studiosi del Medical College of Georgia di Augusta (Usa) hanno pubblicato sulla rivista Brain, Behavior, and Immunity, una ricerca molto interessante sugli effetti collaterali dell'obesità e del sovrappeso.
Tra questi (molteplici e tutti poco piacevoli) c'è una correlazione forte con le funzioni cognitive e di apprendimento del cervello che i chili di troppo sommati all'accumulo di grasso rendono precarie compromettendo l'efficienza mentale complessiva.
Nello specifico i ricercatori hanno messo in risalto come il superamento della soglia di equilibrio tra struttura, altezza e peso danneggia il lavoro delle cellule della microglia, quell'insieme di molecole che sovraintendono al corretto funzionamento dei neuroni del sistema nervoso centrale.
Il loro prezioso lavoro viene modificato in negativo e invece di neutralizzare detriti cellulari, lipidi, cellule in apoptosi, virus, batteri e tutti gli elementi esterni dannosi deteriorano le sinapsi modificando le capacità di apprendere e comprendere in maniera funzionale.
Nella pratica succede che se di norma le cellule della microglia presenti nel cervello si muovono costantemente nei soggetti obesi rimangono ferme arrivando a inglobare e danneggiare le sinapsi con influenza diretta sull'apprendimento.
Questo grave meccanismo non ancora verificato specificamente sugli uomini ma con elevata percentuale di attendibilità è un altro tassello importante che dovrebbe far riflettere profondamente sul proprio stile alimentare e sul controllo dei chili in eccesso valutando con estrema attenzione, ad esempio, l'impatto dell'indice glicemico e l'efficacia di nutrirsi con cibi che portano in se un basso impatto sulla glicemia.
La buona notizia è che questo meccanismo grave può essere facilmente fermato rendendolo reversibile, basta perdere i chili di troppo, consumare meno grassi nocivi e stimolare corpo e mente con l'attività fisica moderata!!!
Fonte: Corriere della Sera – Nutrizionista Carla Favaro
Fonte: Corriere della Sera – Nutrizionista Carla Favaro
Un interessante studio condotto in India da parte della Diabetes Foundation of India (DFI) e della National Diabetes, Obesity and Cholesterol Foundation ha portato in primo piano il ruolo di un frutto spesso poco considerato e associato solo a frivoli snack o golosi dolci.
Lo scopo era quello di valutare gli effetti dei pistacchi (e per esteso della frutta secca in generale) in aggiunta a una corretta dieta e un adeguato esercizio fisico sulla composizione corporea, sulle funzioni metaboliche, sugli stati infiammatori e sui parametri di stress ossidativo di un gruppo di pazienti indiani con sindrome metabolica.
La dott.ssa Seema Gulati con i colleghi del tem che hanno preso parte allo studio hanno riscontrato come le persone in sovrappeso, con problemi di diabete, apporti di carichi glicemici eccessivi e malattie correlate come quelle cardiovascolari possono avere un beneficio concreto dal consumo della frutta secca.
Prendendo come filo conduttore il pistacchio, ad esempio, si può evidenziare come sia un alimento a basso Indice Glicemico, privo di colesterolo e fonte di nobili proteine, fibre e numerosi antiossidanti, tutti elementi che contribuiscono al controllo e contenimento dei parametri glicemici e lipidici.
Il team di studiosi conclude affermando che "...sulla base di questo studio, possiamo dire che i pistacchi forniscono un'opzione eccellente per una sana integrazione alimentare soprattutto per i soggetti a rischio di problemi metabolici e diabete".
Ovviamente si tratta di consumare questi alimenti sempre con una certa dose di moderazione e non dimenticarsi mai, come evidenziato anche da questo studio, che altrettanto importante al controllo della dieta è l'attività fisica parallela.
Ricerche e conclusioni simili sono state riportate in un'altra ricerca che abbiamo pubblicato nella sezione Diabete a questo link: http://www.cucinaesalute.com/salute-in-cucina/diabete/un-gustoso-contrasto-al-diabete.html