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Il ruolo della mente nelle diete

Il ruolo della mente nelle diete

Per quanto perfetto sia un regime dietetico teso alla diminuzione del peso corporeo ciò su cui si deve sempre confrontare è il ruolo mentale, psicologico e sociale che il cibo ha per chi lo consuma.

La stessa porzione può mentalmente sembrare piccola, grande o enorme in base a variabili che nulla hanno a che fare con il quantitativo calorico, il tipo di cottura o altri fattori "strumentali".

Conta l'appetibilità complessiva (un fattore complesso che comprende la presentazione del cibo, la forma del piatto, la luce presente, la stagione e molto altro) e molto spesso ciò che condiziona inconsciamente di più e il dove e il come viene presentata la porzione da consumare.

Un esempio viene dalla ricerca pratica degli studiosi Van Kleef, Ellen, Mitsuru Shimizu e Brian Wansink che hanno cercato di stabilire se vi erano differenze reali e reazioni diverse rispetto al consumo di porzioni differenti di snack forniti in appositi contesti e con la dovuta appettibilità complessiva.
Così sono stati formati due gruppi differenti, al primo è stato fornito una porzione abbondante di snack comprendente 100 g di cioccolato, 200 g di torta di mele e 80 g di patatine fritte, porzioni appositamente esagerate rispetto al ruolo che uno snack dovrebbe avere tanto che il quantitativo calorico complessivo di calorie per porzione era notevole.

Al secondo gruppo, invece, è stata fornita una quantità notevolmente inferiore degli stessi alimenti per un apporto calorico complessivo decisamente più basso.
Ai due gruppi è stato dato tutto il tempo e la tranquillità per consumare a proprio piacimento le porzioni senza stimolarli in altro e sono stati poi invitati a compilare sondaggi per valutare il gradimento, la gradevolezza e la soddisfazione del cibo ricevuto.
È stato inoltre chiesto di indicare una scala di valori sul personale senso di fame prima di ricevere e consumare le porzioni di snack e quindici minuti dopo terminate le prove di assaggio.
I risultati hanno sorprendentemente dimostrato che le porzioni più piccole erano in grado di fornire le stesse sensazioni di soddisfazione e appagamento complessivo di quelle grandi, ma con una ben differente incidenza sull'impatto delle calorie assunte.

Ci si è chiesti allora se il gruppo che aveva consumato porzioni più grandi avesse un senso di sazietà se non altro maggiore e a più lunga durata, ma anche in questo caso la risposta è stata negativa.
Porzioni date o prese senza controllo, quindi, hanno un ben differente impatto sull'organismo con potenziali e gravi problemi, mentre per la mente è solo questione di soddisfare un bisogno istintivo e a prescindere dalle quantità conta più il conforto di sapere che la porzione di per se è presente al di la della sua quantità reale.

Lo studio si lega anche a una precedente ricerca in cui si era visto quanta influenza può avere la grandezza del piatto usato nel servire una porzione di cibo.
Più è grande più cibo si consuma perché istintivamente le persone adulte tendo a non lasciare nulla o quasi nel piatto consumando mediamente fino al 92% di quello contenuto.
Gioca forza se il piatto presentato è più piccolo e con meno quantitativo il consumo sarà sempre al 92%, la soddisfazione sarà simile, ma l'introito calorico decisamente più basso!

Fonte: Corriere della Sera – Nutrizionista Carla Favaro

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