Il cibo pronto da acquistare e semplicemente consumare può avere mille sfumature diverse, possiamo ad esempio trovare paste fresche ripiene e non come altre tipologie simili, cioè elementi mediamente elaborati da rendere abbastanza comprensibile la voglia ogni tanto di trovarseli pronti da cuocere semplicemente.
Ci sono poi le tipologie anche già cotte che richiedono solo il riscaldamento, un gradino più elevato e saltuariamente tollerabile se le condizioni ambientali e di circostanza impediscono magari di poter fare altro.
Le situazioni di impedimento in questo senso possono essere molteplici e giustificare anche un'eccezione in chi di solito prepara da se tutto, a patto che la lavorazione di questi cibi sia stata semplice senza la presenza di troppo ingredienti estranei alla natura del prodotto in se.
Quando si arriva alle insalate sigillate in atmosfera controllata pronte solo da aprire e mettere in ciotola e a carote e tanti altri ortaggi simili già tagliati i dubbi sull’opportunità di reperire cibo pronto cominciano a diventare tangibili.
Perché onestamente il tempo di lavare e tagliare un insalata da se, sbucciare una carota o una patata, pulire dei fagiolini o dei peperoni è semplicemente ridicolo in termini di quantità da mettere in conto nel proprio spazio temporale.
Considerando che ci sono semplici attrezzi di cucina (pensiamo a una banale e economica centrifuga da insalata, un pelapatate estremamente poliedrico nelle sue funzioni, ecc) che rendono questo ancora più veloce e semplice.
Con il vantaggio di essere più sicuri dell’igiene complessiva, sottoporre a un’ossidazione minore le parti vegetali tagliate al momento, pagare una cifra infinitamente più bassa.
E anche quando si tratta di preparare elementi in apparenza più complessi c’è sempre un piccolo attrezzo economico che può velocemente aiutare.
Basta dunque sforzarsi di trovare sempre quei pochi minuti in cucina e se non ci sono impedimenti oggettivi prepararsi in molto meno tempo di quello che si teme le verdure fresche con pieno godimento del palato e enorme beneficio per l’organismo!
Il dato secondo il quale negli Stati Uniti si registra il più alto tasso di mortalità materna tra i paesi sviluppati dovrebbe far riflettere molto sulla qualità dell’alimentazione e delle condizioni fisiche generali di una larga fascia di popolazione che in teoria con il cibo non dovrebbe avere problemi né di reperibilità, né di qualità.
Eppure proprio qui nel pieno delle risorse economiche e delle conoscenze una patologia come la preeclampsia mette seriamente a rischio la salute di madri e figli quando un migliore stile alimentare come quello mediterraneo potrebbe limitarne fortemente gli effetti.
Lo certifica un interessante studio della Johns Hopkins University di Baltimora pubblicato di recente sul Journal of American Heart Association.
Ricordiamo che la preeclampsia è una patologia che può svilupparsi dopo la 20esima settimana di gestazione e si caratterizzata per un pericoloso innalzamento della pressione sanguigna (ipertensione) e in contemporanea un eccesso di proteine nelle urine tale da compromettere le restanti settimane di sviluppo del feto con serie conseguenze dirette anche sulla donna che ne soffre.
Colpiti dai dati di forte contrasto della cucina e della dieta mediterranea, rilevati da precedenti e qualificate ricerche, rispetto al rischio di malattie cardiache negli adulti gli studiosi della Johns Hopkins University hanno provato a verificare l'effetto di un approccio simile su 8.500 donne di diverse razze ed etnie con fattori di rischio rispetto alla preeclampsia.
I fattori di rischio maggiori riguardano l’etnia, la malattia colpisce in particolare le donne di colore, l’età avanzata delle madri, la presenza pregressa di condizioni di obesità, diabete o altri squilibri organici.
Alla fine della ricerca si è visto come il 10% delle donne seguite è andata incontro all’insorgenza di preeclampsia con particolare incidenza in chi presentava già problemi metabolici personali, ma chi seguiva strettamente una cucina e dieta in stile mediterraneo riusciva ad abbassare di ben il 20% il rischio di sviluppare la patologia in gravidanza.
L’associazione sembra al momento forzata e poco correlata, ma la metodologia di studio con i primi risultati evidenti porta verso la stessa strada che ha provato senza ombra di dubbio i rilevanti e alti rischi ai polmoni e altri organi dell’organismo che l’abitudine di fumare porta con se.
In particolare sembra che più dolcificanti artificiali vengono assunti con la dieta, purtroppo molto spesso senza rendersene veramente conto in quanto mascherati da slogan fuorvianti che si concentrano solo con la demonizzazione del comune zucchero da tavola, più aumenti il rischio di incorrere in malattie cardiovascolari.
Un’evidenza chiara è arrivata da uno studio pubblicato sul British Medical Journal portato avanti dalla Sorbonne Paris Nord University (Francia) che intelligentemente ha preso in esame non solo le bevande ricche di dolcificanti artificiali, ma anche moltissimi cibi dell’industria alimentare tra i più venduti sul mercato.
La metodologia seguita è stata molto rigorosa, attenta e affidabile concentrandosi sulla dieta complessiva realmente assunta con raccolta di dati ripetuti e ciclici alternati a interviste con dietisti qualificati e analisi dei biomarcatori del sangue e delle urine.
Ha coinvolto per diversi anni una platea di oltre centomila pazienti francesi focalizzandosi su chi dichiarava apertamente e con consapevolezza di consumare sotto varie forme dolcificanti artificiali di varia natura.
In particolare in ordine di quantità aspartame, acesulfame potassico e sucralosio (10%), mentre i ciclammati o la storica saccarina erano assunti in percentuali molto minori.
Mediamente nell’arco di un tempo di nove anni la presenza importante nella dieta di dolcificanti artificiali è stata associata a un aumento del 9% del rischio di eventi cardiovascolari o cerebrovascolari.
Che ricordiamo sono tra le patologie più diffuse e pericolose e comprendono infarto del miocardio, sindrome coronarica acuta, angioplastica, angina, ictus o attacco ischemico transitorio.
L’aspetto più preoccupante è stato che la dose di dolcificanti artificiali sospettata di essere una delle cause determinanti di questi nefasti eventi era relativamente bassa e facilmente assimilabile anche bevendo un solo bicchiere di una delle tante bevande gasate in commercio che vantano effetti dietetici o di riduzione calorica grazie proprio ai dolcificanti artificiali.
Ma come detto il problema non sono solo le bevande gasate, perché l’uso di dolcificanti artificiali è esteso in maniera impressionante anche a molti cibi solidi venduti sul mercato, anche dove la loro presenza non sarebbe affatto necessaria e ipotizzata dal comune consumatore.
Ragione per cui la lettura delle etichette e la riflessione attenta prima di mettere nel carrello della spesa cibi e ingredienti attratti solo dalle loro sirene di golosità o paradossalmente di equilibrio dietetico vantato sulla confezione dovrebbe essere sempre seguita con attenzione.
La percentuale di persone, praticamente 1 su 3, che presenta una carenza del sale minerale ferro è abbastanza impressionante e probabilmente poco percepita in generale a causa forse di sintomi che si confondono facilmente con altre cause o rimangono sottovalutati.
Il problema è molto serio perché questo prezioso sale minerale è fondamentale per l’organismo a iniziare dai globuli rossi, come elemento di aiuto al corretto metabolismo dell'ossigeno e dell'energia, fattore di resistenza a molte patologie e fonte di rafforzamento del sistema immunitario.
Senza dimenticare il suo ruolo attivo nella funzionalità complessiva del sistema nervoso centrale, in molti processi enzimatici il ferro favorisce neurotrasmettitori come la dopamina e la serotonina dai quali dipende la nostra percezione del piacere, dell’umore, delle motivazioni e del controllo dei muscoli.
La presenza di astenia, scarsa concentrazione, mal di testa frequenti e senza apparente causa, irritabilità, fiato corto dopo brevi sforzi che coinvolgono i muscoli, una sensibilità particolare alle infezioni devono far sospettare una possibile carenza di ferro se non altro da verificare e controllare prima o in concomitanza con la ricerca di altre cause.
A maggior ragione si ci si trova in una condizione particolare dal punto di vista fisiologico e nello specifico se si è in gravidanza e nei mesi successivi al parto, se si hanno mestruazioni abbondanti (le donne in percentuale sono molto più colpite rispetto agli uomini dalla carenza di ferro), se si è pazienti cardiopatici con scompenso cardiaco rilevante e se si soffre di nefropatia.
Il segnale che il problema è di alta importanza viene dall’istituzione da parte di molte associazioni internazionali di una intera giornata dedicata alla Carenza di Ferro e dalla istituzione di un sito appositamente dedicato alla questione a cui vi rimandiamo per ulteriori approfondimenti.
Per nostra fortuna una dieta corretta, sana, variegata e attenta con la presenza adeguata di cibi più ricchi di ferro è spesso una soluzione molto efficace e alla portata di tutti per scongiurare le problematiche che abbiamo elencato e non solo quelle.
Fonti abbondanti arrivano dai prodotti di origine animale come la carne e il pesce, ma anche molti vegetali abbondano in ferro pur se assorbito meno dall’organismo, per questo è estremamente importante per chi sceglie di alimentarsi in prevalenza di frutta e verdura integrare e consumare insieme ai cibi ricchi di ferro fonti alimentari di vitamina C che favoriscono l’assimilazione ottimale di questo sale minerale.
Tra i vegetali con più alta presenza di ferro segnaliamo i prodotti e derivati della soia, fagioli, piselli e lenticchie, spinaci e verdure a foglia verde in generale, pane integrale, frutta secca non a guscio come albicocche, prugne e uvetta, cereali e grano integrali o appositamente arricchiti con ferro.
Che ricordiamo ancora una volta è molto meglio se sono accompagnati dalla vitamina C, ad esempio un piatto di lenticchie mescolate a arance fresche, origano, olive e buon olio extravergine d’oliva, o se nello stesso piatto sono presenti più fonti parallele come una bruschetta di buon pane integrale con sopra spinaci appena salati in padella insieme a del tofu affumicato o del tempeh aromatizzato con poche gocce di salsa di soia.
Sul nostro sito si trovano spesso combinazioni di piatti e ricette ricche in ferro, ma certamente questa colorata e stuzzicante insalata ne è uno splendido esempio, golosa e da non perdere anche per chi ha la fortuna di avere buone dosi di ferro nel proprio sangue!!!
Dati recenti riportano come nel 2021 causa probabilmente anche la situazione covid in Italia il 22% dei pazienti con diabete ha saltato i consueti controlli e molti altri in condizione di predisposizione alla malattia si sono ben guardati da consultare il proprio medico o sottoporsi a esami di controllo.
Il paradosso del diabete è che si tratta di una delle più micidiali e invasive patologie che può colpire un essere umano, ma non essendo particolarmente sulla cresta dell’onda a livello mediatico e avvertibile a livello soggettivo viene sistematicamente presa in bassa considerazione e importanza dalla maggior parte delle persone.
Questo fino a quando la malattia purtroppo fa il suo ingresso nella vita delle persone con conseguenze a volte molto gravi e in percentuali impressionanti tanto che i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) statunitensi hanno calcolato che circa 96 milioni di americani sono in condizione di prediabete e continuando con le abitudini sbagliate è certo si troveranno coinvolti pienamente nella patologia.
Una massa così elevata di persone è veramente impressionante e si può tranquillamente ipotizzare per analogia che vi siano analoghe percentuali in tutti i paesi ricchi del mondo occidentale.
Soprattutto per questi individui che ancora possono salvarsi con le dovute correzioni dalle conseguenze nefaste del diabete vale una delle direttive alimentari più incisive che da sempre contraddistingue la terapia preventiva del diabete nei soggetti a rischio, la riduzione importante dei carboidrati nella dieta.
Assolutamente non un eliminazione, quanto un cambio radicale nelle proporzioni e soprattutto nella qualità con la scelta di prodotti con il più alto livello di fibre e elementi integrali.
Una strategia questa che è decisamente efficace tanto da consentire di evitare l’assunzione di farmaci nei soggetti a rischio di diabete a patto di mantenere costante la misura alimentare.
Ribadisce questo assunto ormai storico una nuova ricerca portata avanti dalla Tulane University (New Orleans, Stati Uniti) e pubblicata su JAMA Network Open evidenziando come tutto ruota intorno ai livelli di glicemia più o meno alti di ogni individuo.
Lo studio, infatti, si è concentrato su partecipanti selezionati in base alla presenza di livelli glicemici da prediabete e pazienti già con diabete, ma per vari motivi non sottoposti ad alcuna terapia farmacologica specifica somministrando a gruppi differenti diete con contenuti di carboidrati diversificati.
Alla fine si è visto che la discriminante era proprio la percentuale di carboidrati presenti nella dieta con risposte migliori in chi ne consumava meno.
Continuiamo pure a consumare la pasta, giusto per citare un cibo per noi Italiani iconico e di difficile separazione, ma facciamolo diminuendo le dosi e arricchendo magari con abbondanti dosi di ortaggi e verdure prediligendo come condimento i grassi nobili e protettivi dell’olio extravergine d’oliva e quelli della frutta secca in guscio, a cominciare dalle fantastiche e miracolose noci.